Alcuni insulti diventano un vero e proprio reato con la nuova sentenza di Cassazione: elenco di quelle proibite

A tutti può capitare di dire le parolacce o di parlar male di qualcuno, ma attenzione ai casi in cui si tratta di un reato.

Dire le parolacce è liberatorio. Questa verità affonda le sue radici nel concetto di tabù e di distruzione di quello stesso tabù, che può dare a molti un senso di liberazione. Il concetto è semplice: le parolacce non si dicono e se in qualche modo finisco per pronunciarle allora mi sto liberando da un divieto.

Sentenza Cassazione insulti
Stando a una sentenza della Corte di Cassazione alcuni insulti non sono perseguibili, mentre altri comportano un vero e proprio reato (Varesecultura.it)

In questo contesto si possono inserire diversi scenari, ad esempio quello dell’ingiuria, quello del turpiloquio e quello della diffamazione. La diffamazione avviene quando si pronuncia un’offesa ai danni di un soggetto non presente, rivolgendosi ad altre 2 o più persone.

L’ingiuria è pronunciata direttamente nei confronti del soggetto presente e si definisce tale a prescindere dalla presenza o meno di terze parti. Il turpiloquio, infine, prevede l’uso di un linguaggio contrario alla pubblica decenza in luoghi pubblici, cioè dove si trovano persone che possono sentirci.

Ma qual è il più grave di questi scenari? Dire le parolacce può essere considerato un reato? Partiamo subito col dire che sia l’ingiuria che il turpiloquio sono stati depenalizzati. In altre parole quando rivolgiamo parolacce a un soggetto specifico o al grande pubblico non stiamo commettendo un reato.

Si possono dire le parolacce nei confronti di terze parti o rischiamo di commettere un reato?

La diffamazione, invece, è un reato: chi ne è vittima può infatti sporgere querela nei confronti del colpevole ed eventualmente ottenere un rimborso pecuniario costituendosi parte civile nel giudizio a mezzo di un avvocato.

Appurato che non dovremmo diffamare nessuno, dunque, possiamo chiederci quali sono le espressioni su cui abbiamo il via libera e quelle che invece andrebbero evitate. Secondo alcune sentenze della Corte di Cassazione, infatti, frasi o espressioni come coglio**, vaffan**, rompi**, caz**e, mi hai rotto i cog** si possono utilizzare quasi liberamente.

Parolacce consentite Corte Cassazione
L’ingiuria e il turpiloquio sono stati depenalizzati, ma per la diffamazione non si può dire lo stesso (Foto Canva) – Varesecultura.it

Ebbene sì, quasi. Il termine cogli**, per esempio, è ammesso solo nel senso di di scemo, sprovveduto, ingenuo o deficiente. Mentre in molti altri casi il discrimine per l’ammissibilità sta nel fatto che ormai si tratta di termini entrati a far parte del linguaggio comune quotidiano.

Insomma, dire le parolacce non è sempre socialmente accettabile ed è da molti considerato indecoroso. La buona notizia, però, è che se non sfociamo nella diffamazione (perseguibile penalmente), possiamo permettercene qualcuna senza rischiare di commettere un reato.

Gestione cookie